sabato 24 aprile 2010

Polizia e Democrazia

Marzo 2010, qui l'originale


Centoquattordici capitoli brevi e intensi per narrare due indagini parallele, un linguaggio secco e asciutto che apre uno squarcio di luce sulla zona d’ombra dell’universo femminile. Questi ed altri i motivi che hanno spinto la giuria ad assegnare il Premio Fedeli 2009 ad Elisabetta Bucciarelli e al suo “Io ti perdono”. Secondi classificati ex aequo gli altri due finalisti Andrea Ribezzi con “Sette Fine” e Alessandro Maurizi con “L'ultima indagine”, due poliziotti che hanno saputo trasferire sulla pagina scritta la loro perizia nelle indagini.
Giunto alla sua tredicesima edizione, il Premio Fedeli si è svolto lo scorso 13 febbraio a Bologna nel Teatro del San Salvatore, all’interno del complesso storico che ospita la sede del Gabinetto regionale della Polizia Scientifica.
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Ai contribuiti degli ospiti, sono seguite le domande ai tre autori finalisti. Sirio Bozzi ha osservato che su tre libri selezionati, due si occupano di una Polizia di Frontiera, di uno spazio, di un limite che è geografico ma anche storico. La Val d’Aosta nel caso di Elisabetta Bucciarelli, alla quale Bozzi chiede se al centro della sua ispirazione c’è stata la voglia di ambientare una storia sul bordo, sul ciglio di un burrone e quanto il senso dell’estremo abbia ispirato la sua scrittura. « La mia storia non è soltanto una storia di confine geografico, ma anche di confine emotivo e psicologico», ha detto la Bucciarelli. «Quello che mi interessa di voi poliziotti come soggetto delle mie scritture è dove potete arrivare, che limite avete. Quale carico psicologico, umano, esistenziale vi portate dietro tutti i giorni. Mi interessa poco sapere come vengono raccolte le impronte o come viene vista una scena del crimine, quello che voglio sapere è cosa di quelle immagini che tutti i giorni vedete vi rimane addosso, cosa vi portate a casa. Qual è il punto di rottura, a che cosa dovete rinunciare e cosa avete pagato, quali danni vi portate dietro»
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