lunedì 14 settembre 2009

VDBD - Via delle belle donne

25 agosto 2009
Qui l'originale

di Antonella Pizzo
A Faletti che diceva: Io uccido, risponde Elisabetta Bucciarelli con: Io ti perdono. (Però presentemente Faletti afferma: “Io sono Dio”).
E’ tornata nelle librerie Elisabetta Bucciarelli con Io ti perdono, ed è tornata Maria Dolores Vergani ad indagare. Un ritorno alla grande. La casa editrice che ha pubblicato il romanzo è la Kowalski – Coloradonoir che nasce nel 2004 con l’intento di pubblicare romanzi dai quali realizzare prodotti cinematografici.
Il romanzo dovrebbe essere un noir, così infatti è definito in copertina, dovrebbe essere quindi romanzo di genere. Un romanzo di genere non ha “in genere” nessun significato, o meglio, non vuol dire nulla, non vuole mandare nessun messaggio, non si prefigge di cambiare il mondo; vuole solo far divertire, emozionare, impaurire, far venire un brivido, la pelle d’oca, vuole angosciare o rilassare, ridere, fantasticare, e così via a seconda del genere rosa, noir, giallo, avventura, fantasy.
Nel romanzo della Bucciarelli invece vengono trattati alcuni dei temi sociali che affliggono il nostro tempo. Pedofilia e prostituzione, sono, infatti, i temi portanti (e importanti) del romanzo che dunque non possiamo definire noir ma probabilmente romanzo di denuncia, romanzo che racconta impietosamente il reale. Ma non solo, penso si debba parlare anche di romanzo di introspezione perché si indaga l’animo umano e le sue debolezze, si analizzano i rapporti fra uomo e donna, si affrontano i problemi delle donne e della femminilità, quella della solitudine, del confronto fa il bene e il male, fra l’odio e il perdono, del dolore e della sua accettazione. Insomma non è tutto noir quello che è scuro.
La scrittura è equilibrata e non trascende mai nel cattivo gusto e nell’orripilante. Tutto è ben dosato. I capitoli sono brevi e così l’attenzione rimane desta. Nel precedente romanzo della Bucciarelli “Dalla parte del Torto” non mi era tanto piaciuta “la presenza dell’autrice” che interveniva con motti e frasi di spirito e citazioni varie, trovo ora che l’autrice abbia fatto un passo in avanti restando in silenzio e facendo parlare la storia e i suoi personaggi.
(antonella pizzo – noticine di una finta critica)

Ecco l’incipit del romanzo.
“Io credo che tutti alla fine si somiglino. Credo che tutti abbiano qualcosa o qualcuno da perdonare. Solo se stessi, magari. Ma sono anche convinta che perdonare non sia passare sopra alle cose con generosità o leggerezza. Credo sia farsi lacerare e dilaniare fino a che la resa diventi inevitabile. Il perdono non è una dichiarazione di intenti. È una conquista.”
“È un cammino lungo, non devi avere fretta.”
“Ma poi si riesce a stare in pace? Perdonare e dimenticare il torto e chi l’ha commesso, se stessi e le proprie mancanze?”
“Solo Dio può perdonare il peccato. L’uomo, se riesce, può arrivare al massimo a perdonare il peccatore.”

Ecco la trama
Risate, voci allegre ai confini di un bosco in montagna: cercano castagne. Un cagnolino scodinzola vicino alla piccola Arianna. Lei lo insegue nel labirinto degli alberi in una corsa malferma fino all’abbraccio di qualcuno. Scomparsa. Richiamata da un sacerdote che la conosce da quando era bambina, l’ispettore Maria Dolores Vergani torna in quel paesino della Val d’Aosta. L’uomo le chiede di aiutare la madre della bambina in veste di psicologa, professione che non svolge più da tempo. Ma c’è anche dell’altro, che il prete non vuole o non può dire. Una leggenda antica, una richiesta di perdono, un senso di colpa che non trova pace.
Intanto a Milano vengono rinvenuti in un’area industriale dismessa i resti di una donna e il collega Pietro Corsari la coinvolge, suo malgrado, in un’indagine ben oltre le mura della città, dove i milanesi sciamano per soddisfare desideri inveterati. In questo momento difficile, Maria Dolores può fidarsi solo di Achille Maria Funi, il suo aiuto, che la segue in missioni oltre la loro stretta competenza e che si rivela questa volta inaspettatamente sensibile e perspicace.
Scissa tra la tragedia della bambina scomparsa e il male quotidiano del suo lavoro, l’ispettore Vergani si ritrova a fare i conti con l’amore, quello da cui non si può sfuggire e dal quale si vuole a tutti i costi scappare. E mai come ora Maria Dolores deve ripercorrere il proprio passato – un percorso che la porterà forse a diminuire la distanza di sicurezza fra sé e le persone della sua vita.
Ecco l’autrice
Elisabetta Bucciarelli vive e lavora a Milano.
Ha pubblicato diversi saggi e sceneggiature tra cui Amati Matti, menzione speciale della giuria alla 53a Biennale del Cinema di Venezia. Ha pubblicato i romanzi Happy Hour (Mursia), Femmina de luxe (Perdisa Pop) e Dalla parte del torto (Mursia), selezionato per il Premio Scerbanenco 2007 e finalista al Premio Azzeccagarbugli come miglior romanzo poliziesco del 2008. Collabora con alcune testate giornalistiche occupandosi di filosofie, arte, manie. Ha ideato e tiene da più di dieci anni il laboratorio Esprimersi con la scrittura, scrivere per stare bene. Conduce la rubrica GialloFuoco, su Booksweb.tv. Molti suoi racconti sono apparsi in quotidiani, antologie e nel Giallo Mondadori. Una sua short story noir è presente nel recente volume Alle signore piace il nero.
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